“Se perdo i capelli, perdo il lavoro”. E’ questa la frase choc che una donna malata di tumore e in procinto di sottoporsi a chemioterapia ha confidato al Professor Luigi Cavanna, Direttore del Dipartimento Oncologia-Ematologia di Piacenza. “Ho capito che non era solo una questione estetica”- spiega Cavanna. La caduta dei capelli indotta dalle cure chemioterapiche è riconosciuta come uno degli effetti collaterali più traumatici associati al trattamento del cancro, eppure è ancora uno dei meno esplorati e considerati.
Non è solo un ostacolo alla femminilità. C’è molto di più. C’è la stigmatizzazione della società verso i malati di cancro, come se l’alopecia rappresentasse un marchio di riconoscimento. E questo contesto esterno porta implicazioni negative dal punto di vista psicologico. “La caduta dei capelli ha un impatto sociale importantissimo se si considera che addirittura il 7% delle donne rinuncia a un’adeguata terapia pur di mantenere la propria capigliatura” – aggiunge Gabriele Davide Villani, radiologo.
Oggi però questo problema potrebbe diventare solo un lontano ricordo grazie a un sistema di refrigerazione del cuoio capelluto che promette un tasso di successo anche dell’88% nel mantenimento dei capelli. Quattro macchinari, dotati di due caschi da utilizzare contemporaneamente, sono stati donati all’Ausl di Piacenza e, da poche settimane, sono in uso negli ospedali di Piacenza, Fiorenzuola e Castel San Giovanni. Hanno un costo elevato, che complessivamente raggiunge i 200mila euro. “E’ una donazione molto importante – spiega Cavanna – che permette ai malati di mantenere la propria dignità anche dal punto di vista sociale e lavorativo incoraggiando un atteggiamento positivo verso i trattamenti. Al momento abbiamo già trattato sei pazienti con ottimi risultati”. Massimo Ambroggi, oncologo, parla di “rivoluzione”. L’alopecia – spiega – interessa anche gli uomini però è la donna che in genere risente di più del problema”. Romina Cattivelli, presidente di Armonia aggiunge: “E’ un grande regalo, finalmente possiamo sottoporci alle cure che ci salvano la vita, consapevoli di poter mantenere la nostra femminilità”.
COME FUNZIONA – Si tratta di un casco refrigerante che porta la temperatura del cuoio capelluto a 3-5 gradi. Viene indossato poco prima dell’inizio della terapia e tenuto durante le cure. I farmaci chemioterapici raggiungono i bulbi piliferi attraverso il sangue: raffreddando il cuoio capelluto si ha un restringimento dei piccoli vasi sanguigni e quindi una minore perfusione.